Famiglie in decadimento e Bullismo. Riflessioni sull'incertezza del domani.
Il viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi paesaggi, ma nell'avere occhi nuovi.
▬▬ Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto ▬▬
Un fenomeno, quello del bullismo, che sta diventando sempre più diffuso tra gli adolescenti e non solo. L’età di esordio, infatti, è scesa fino a osservare i primi episodi di tal genere, già nella scuola dell’infanzia, nei bambini di quattro, cinque anni di età.
“Possiamo difendere i nostri figli?” “E come?”
Queste sono le domande più frequenti che mi sento rivolgere da genitori ancora più indifesi dei loro bambini vittime di comportamenti aggressivi, prepotenti e oppressivi.
Adulti che si sentono impauriti, disorientati, angosciati da una serie di luoghi comuni legati a notizie da prima pagina, cui ormai erano abituati a farci i conti prendendone le distanze. Ora invece, ora che si rivolgono al professionista con domande ben precise, le distanze sono ravvicinate, troppo.
Come l’inchiostro che tocchi e ti tinge dappertutto.
La paura. Questa emozione intensa che ci rende inermi e insicuri nel presente e incerti nei confronti del futuro. Come si può oggi conciliare tutta questa preoccupazione (sine cura), preservando la nostra identità, riconoscendo i nostri bisogni e formarci, nello stesso tempo, a regole sociali sempre più confuse e richiedenti un’uguaglianza, un’uniformità, un conformismo senza limiti? Come possono i giovani rendersi speciali, e con consapevolezza, riconoscendo la loro unicità senza sentirsi per questo, soli e spaventati? Oppure peggio, vittime di persecuzioni dettate da regole che sono di appartenenza al “branco” cui tanto ambiscono per identificarsi e sentirsi? Le emozioni che ruolo hanno in questa sorta di carosello?; |
L’affettività, la relazione con l’altro, inevitabilmente è parte del gioco. Un gioco che vale la pena osare giocare per esprimersi e riconoscersi in modo creativo e personale senza “perdersi”. Piuttosto cercando di essere ciò che vogliamo, desideriamo essere. Chi sono, dunque, i bulli? E chi le loro vittime? Chi è dentro o chi è fuori? Come si può lavorare con i giovani e con le loro famiglie? Che ruolo assume la scuola a livello istituzionale? E gli insegnanti come esseri umani, chiamati anch’essi nella relazione quotidiana con i ragazzi, che ruolo hanno?
Si tratta di educazione, certo. Anche se molti ne tributano la fine, confinandola in esilio sull’isola delle “sole buone maniere”. Per carità importanti, però.
Molti altri vorrebbero, come se la questione da risolvere fosse su un piano scisso in bianco e/o nero, l’educazione vecchio stampo, con il ritorno alle rigide regole del passato ed eliminando il senso dell’educazione come la trasmissione della conoscenza, della cultura, nel suo significato più profondo. Nessun legame semantico con la filosofia, e psicopedagogico. Non c’è nulla da integrare, semmai c’è un qualcosa da percepire su una scacchiera con l’obiettivo di fare scacco. E lo scacco alle famiglie arriva.
Esse sono allo sfascio. Sembrano barche alla deriva perché disorientate e/o rassegnate a un destino che non è il loro sebbene apparentemente e in modo contraddittorio il controllo si debba mantenere su ogni azione, su ogni preferenza o illusione di potere ispezionare ciò che ci circonda e in seguito scegliere. Quali sono i bisogni che sono da soddisfare? Dov’è che siamo diretti?
Perché vivere, è anche essere coscienti del dove stiamo andando.
Viviamo in una società in cui la rincorsa del tempo dilatato sconfigge su ogni minuto della nostra giornata tanto da renderci spesso prigionieri e confinati nell’infinito spazio di un oceano.
Sperduti naufraghi senza meta che spaventati, tentano il viaggio della vita illudendosi di scegliere. Con noi, ci sono i nostri figli compagni di avventura ma bisognosi di guide, tutela e educazione che spesso, invece, sono lasciati soli a loro stessi, non in un rapporto di autonomia ma in legami agganciati da relazioni di dipendenza.
John Lennon in Beautiful Boy diceva: «La vita è tutto quello che succede mentre stai facendo altri progetti».
Penso che saremmo sempre “in tempo” a fermarci e riflettere e guardare e ascoltare dentro di noi, senza negare a tutti i costi ciò che ci portiamo nell’anima e ciò che è intorno a noi, nel mondo. Per scegliere una strada, stando bene oggi come se dovessimo morire domani o vivere per l’eternità. O come se fosse meglio sbrigarsi e non attendere nessun tempo.
Mi alzavano muri e non vi feci caso. Mai un rumore una voce, però, di muratori.
Murato fuori del mondo e non vi feci caso.
▬▬ Constantinos Kavafis, Poesie ▬▬