I nonni di paese
Breve viaggio attraverso terre e gente di una volta.
I nonni dei paesi sono diversi da quelli di città.
Loro siedono sulle panchine della piazza principale, del luogo ove sono cresciuti, per rubare un po' di fresco e guardare i forestieri che arrivano con le macchine veloci.
Uno, tra gli stranieri giunti sin qui, è figlio di questo o di quello. Appartiene a una famiglia del posto di sicuro.
I nonni dei paesi indossano i cappelli e hanno il bastone perché camminano, non guidano.
Smarrirsi nella Perdita
La Vita può accogliere tutto ciò che capita, incluso il distacco dalle cose terrene.
Qui-ed-ora osservo, ascolto, odoro ciò che mi circonda. Gusto ogni colore, suono e mi accorgo del movimento intoccabile che non sospende il tempo; impossibile fermare ciò che va da sempre, inesorabilmente avanti. Lo spazio diventa percettivamente senza confini sebbene sia ben delineato (quello intorno a noi), tanto da limitare e/o espandere il mio campo visivo, le mie sensazioni.
Sono qui, nel deserto acquatico dei miei pensieri e mi viene in mente, che spesso, al lavoro in qualità di clinico e di formatore, mi vengono poste domande sulla perdita, sul lutto, sui tempi di elaborazione di esso.
Inclusioni e esclusioni: l'individuo conosce sé stesso e si riconosce come essere umano?
Breve esplorazione dell'Esserci-ci nelle Relazioni.
Viviamo in questo periodo storico, situazioni dove termini come “inclusioni” e/o “esclusioni” sono nominati spesso, utilizzati, a volte forse, abusati.
Queste sono due parole che inevitabilmente evocano all’interno di noi, delle nostre esperienze, della nostra memoria strane emozioni facendoci sentire privilegiati oppure rifiutati, abbandonati o scelti a seconda delle condizioni sociali e dei ruoli che ricopriamo nei vari contesti.
Partirei come è mia consuetudine dall’analizzare il significato dei termini oggetto di questo scritto.
Parlando di “escludere” secondo un qualsiasi vocabolario della lingua italiana, troviamo che il verbo si riferisce a “estromissione, chiudere fuori, lasciare al di fuori, non ammettere e scartare”.
La parola “includere”, d’altro canto, è il “chiudere dentro, comprendere in un gruppo, implicare, racchiudere”.
Anime perse nei loro labirinti di parole.
Il mio Essere psicoterapeuta usando il linguaggio del paziente.
Per me ogni cosa può parlare.
Penso spesso al fatto che nella mia stanza di analisi la sera, quando chiudo lo studio, restano soltanto le parole e che al di là dei loro contenuti, sono i modi con le quali le persone si presentano a loro stessi e agli altri usando un linguaggio piuttosto che un altro ad essere importanti.
Soprattutto quello speciale modo invece che un altro.
Una stretta di mano (personalmente saluto così i pazienti al loro arrivo), i gesti, i silenzi, gli sguardi, le espressioni del volto, le posture e tanto altro ancora non verbalizzato, sono comunque parti delle parole pronunciate che determinano con forza la relazione terapeutica sia in positivo, sia in negativo.
Le relazioni per-dono. Barriere da valicare per raggiungere se e gli altri.
Star bene amando chi si ama forse può volere significare anche rischiare di perdere in modo costruttivo quel nostro oggetto di amore.
Non che abbiamo tutto questa facoltà decisionale emotiva, suvvia. Come si fa a perdere in modo costruttivo?
Pur avendo questo potere di relazione per un fazzoletto di spazio e di tempo regalatoci se amassimo noi stessi e l'altro, potremmo lasciare andare ciò che siamo e che è l'altro?
E chi siamo noi?
In questo forse consiste l'avventura della scoperta, questa sarà la voglia costante di conoscere, esplorare, apprendere dove siamo, verso dove stiamo andando per, stare bene vivendo, per vivere stando bene
Le relazioni che perdono.
Penso alle relazioni che nascono, legami indissolubili quando incontri un essere umano sulla strada della tua vita, innamorandotene come in un lampo a ciel sereno o piano piano, ponderando bene ogni particolare e allora i giorni che corrono, offrono l'occasione meravigliosa di conoscerlo sempre più quel l'essere amato.
O meglio ancora, di conoscersi sempre più, insieme, stando nella relazione.
Scoprire cose che ci piacciono dell'altro e cose che non ci piacciono affatto.
Ci chiediamo come è stato possibile che proprio a noi sia capitata una cosa del genere, troppo bella per essere vera. Ne parliamo al mondo intero e al contempo, a volte, nutriamo una strana emozione, la paura. Paura che tutto presto o tardi finisca. Quell'incanto che si desidera urlare dal ponte di una nave in mare aperto e tenere anche custodito segretamente perché non si sa mai.
Famiglie in decadimento e Bullismo. Riflessioni sull'incertezza del domani.
Un fenomeno, quello del bullismo, che sta diventando sempre più diffuso tra gli adolescenti e non solo. L’età di esordio, infatti, è scesa fino a osservare i primi episodi di tal genere, già nella scuola dell’infanzia, nei bambini di quattro, cinque anni di età.
“Possiamo difendere i nostri figli?” “E come?”
Queste sono le domande più frequenti che mi sento rivolgere da genitori ancora più indifesi dei loro bambini vittime di comportamenti aggressivi, prepotenti e oppressivi.
Adulti che si sentono impauriti, disorientati, angosciati da una serie di luoghi comuni legati a notizie da prima pagina, cui ormai erano abituati a farci i conti prendendone le distanze. Ora invece, ora che si rivolgono al professionista con domande ben precise, le distanze sono ravvicinate, troppo.
Come l’inchiostro che tocchi e ti tinge dappertutto.
Barche alla deriva.
Cercare se stessi "nonostante" il disorientamento.
Nell'attività di clinico, continua senza sosta, l'incontro con persone insoddisfatte del loro vivere.
Ed è triste.
Sono persone che, in apparenza, conducono una vita tranquilla, cosiddetta "normale" ma scavando con poche semplici domande e rimanendo in ascolto, ci si ritrova a fare i conti con esseri umani stanchi, indolenti, addolorati, spaventati nei riguardi della loro esistenza e del loro vivere il rapporto con gli altri.
Il senso di solitudine che non è più rappresentato dalla capacità di sapere "stare soli con se stessi", conduce l'individuo alla deriva come un naufrago sopravvissuto ma stremato, disorientato e senza più forze.
Le parole che narrano.
Noi stessi ne siamo la musica.
Con questa ultima parte, il nostro viaggio sta per giungere al termine.
Fine.
Una parola che non piace molto per il significato che assume; spesso, addirittura può spaventare, troppe immagini o ricordi potrebbe evocare questa semplice parola che esprime un punto dal quale non si torna indietro, inequivocabilmente irreversibile e di segno negativo.
Ricordate il vecchio mobile abbandonato lasciato nella stanza vuota?
La speranza, invece, e' che in tale contesto essa potrà rappresentare, per ognuno che ha seguito i diversi appuntamenti, un nuovo inizio.
Ogni cosa inizia e finisce, nasce e muore.